Per tutti i mozzi di primo pelo e quelli che soffrono il mal di mare.

Benvenuti a bordo!

Questo è il blog che ho aperto qualche anno fa per tenere gli appunti di qualcosa che ancora non sapevo e ancora non so. Nell'estate del 2014 ne è uscito un libro e si spera che presto ne esca un altro. Ha una pagina su Facebook dove possiamo rimanere in contatto (sono di buona compagnia e non sporco più di tanto).

Cap. NS

9 agosto 2012

Il migliore dei mondi impossibili

Tratto da una storia vera mai accaduta. Finora.


PREMESSA

"Leibniz, che era certamente [...] un profondo metafisico, rese al genere umano il servigio di mostrargli che dobbiamo essere tutti molto soddisfatti e che Dio non poteva fare per noi di più, poiché scelse necessariamente, tra tutti i mondi possibili, quello incontestabilmente migliore. “Che ne sarà allora del peccato originale?” gli fu obiettato. “Ne faremo quel che potremo”, rispondevano Leibniz e i suoi amici. Ma, in pubblico, egli scriveva che anche il peccato originale fa parte di necessità del migliore dei mondi possibili."

Voltaire, Dizionario filosofico, voce “Bene, tutto è bene”.



IL MIGLIORE DEI MONDI IMPOSSIBILI



“… e voi siete mondi, ma non tutti sono mondi.”
Gv, 13:10



PROLOGO

La ragazza della copisteria ha visto almeno una volta tutti i segreti più intimi di uno scrittore dilettante, ma di questi conosce solo il titolo.
In fondo alla strada, poco prima che incroci via Vittorio Veneto c’era la sua copisteria abituale, dove ogni volta che gli pareva di aver scritto qualcosa di decente che valesse almeno un foglio di carta e cinque centesimi si presentava con la sua penna Usb. Paradossalmente quel giorno però, in cui pure si era recato lì per stampare il suo ultimo racconto, fu il giorno che iniziò a consumare la cartuccia della stampante che da sempre possedeva a casa. La ragione di questo è il principio della nostra storia.
Se avete qualche amico che si diletta a scrivere, che possiede una stampante ma che quando crede di aver scritto qualcosa che valga almeno un foglio di carta e cinque centesimi decide di andare in copisteria per stamparla, possono esserci vari motivi per cui lo fa. Uno di questi è che è innamorato della ragazza dietro il bancone.
Veniamo dunque a come iniziò la fine della cartuccia di cui sopra. Quel giorno, fino ad allora, era un giorno come altri per la ragazza che lavorava in quell’attività. Vi direi il nome se lo sapessi ma la verità è che nemmeno il nostro scrittore dilettante lo conosceva. Si sentiva inappropriato nei suoi occhiali e forse anche per il suo abbigliamento e quindi per quanto fosse un frequentatore abituale di quell’attività commerciale non aveva mai cercato di entrare in confidenza con lei. Entrò salutandola e gli porse l’Usb. C’era sempre un solo file.
“Il migliore dei mondi impossibili”, il titolo di questo segreto.
Mentre i fogli uscivano pieni di parole per raccogliersi uno sull’altro lui guardava gli oggetti esposti che anche stavolta non avrebbe comprato. La ragazza spillò i fogli e glieli porse. Non si può dire certo che non fosse carina, anzi.
«Un euro e quaranta …»
Concluse. Allora lui fece per prendere il portafogli ma finse di non sapere che in realtà era uscito di casa appositamente sprovvisto. «Devo averlo lasciato in macchina, vado a prenderlo subito.»
Uscì senza salutare, poiché era normale che sarebbe tornato di lì a poco; lasciando i fogli sul bancone a garanzia del suo ritorno.
Quel giorno, fino ad allora, come si è detto era un giorno comune per la ragazza. Per lui invece fu l’ultima volta che entrò in quell’esercizio; pensando bene che la sua bugia valesse almeno un euro e quaranta, abbandonò lì quei fogli.
Passata una settimana, incuriosita oltremodo, lei iniziò a leggere perché era una ragazza e ormai nessuno scrive più. Scrivere un messaggio non è scrivere per una donna. Per cui quando una donna sa che qualcuno ha scritto qualcosa per lei, prima o poi leggerà.

I

Questa storia è la chiave di un segreto, e lo è davvero, non per compiacere la fantasia. È un codice. È la storia di un ragazzo e del suo mondo, il mondo dell’Aere Perduto.
Questo è un posto che non troverete su nessun atlante, né sulla Bibbia, né su Google; probabilmente vicino a Quinninpack. Non a caso questa è una storia vera mai accaduta. Finora. L’unica precisazione che forse è necessaria esprimere prima di procedere oltre è la ragione di questo mondo come del suo nome.
Accadde una volta che un tale arrivò senza volerlo né sapendo come in quello che sarebbe stato il mondo dell’Aere Perduto e nell’arrivare finì per rompere gli occhiali. Ora questi sapeva una cosa, riguardo al mondo visto senza occhiali (parliamo ancora del nostro mondo, attenzione): le uniche due cose che riusciva a distinguere se non guardava dietro alle lenti erano il cielo ed il mare. Scoprì questa cosa un pomeriggio in cui si rese conto che non gli piaceva l’idea che dovesse percepire la realtà dietro ad una cornice; allora l’appuntò sul suo diario. Era il tredici febbraio duemilaotto. Accadde però che il suo arrivo in questo mondo (che non appartiene alla lista dei mondi paralleli, bensì a quella dei mondi incidenti) fu segnato da tre coincidenze: arrivò, come si è detto, rompendo gli occhiali; arrivò in riva al mare; arrivò di notte. Già era sorpreso ed intorpidito quando si rese conto che di notte e senza occhiali anche il cielo ed il mare erano indistinguibili e siccome era triste non gli venne da pensare che quello che vedeva fosse solo cielo ma solo mare. La volta celeste finì allora sott’acqua, le stelle si ritrovarono a galleggiare e il mondo senza nome divenne il mondo dell’Aere Perduto (qualcuno più tardi propose il nome di “Mondo Senza Fiato”). Non dovette essere facile superare lo spavento di essere finito in un universo incidente e aver smarrito il cielo nello stesso momento. Il cielo dopotutto è una costante, una delle poche.
Ora, siccome nel mondo dell’Aere Perduto quando qualcuno ha voglia di parlare o di essere ascoltato qualcuno appare per lui e trovandosi da solo desiderava che ci fosse qualcuno per spiegargli quello che accadeva, il mondo neonato si popolò di un altro coinquilino, una sorta di professore che gli spiegò tutto; perché ciò che precisamente desiderava lui era qualcuno che sapesse spiegargli cos’era successo. Quest’ultimo un giorno desiderò di avere una moglie, che dopo qualche anno desiderò di avere dei bambini, che dopo qualche anno desiderarono di avere degli amici, che desiderarono di avere dei genitori anch’essi e così via fino a che il mondo dell’Aere Perduto si popolò.
C’erano più o meno tutti, dal filosofo al fabbro al Re e organizzarono una società. Fino a qui tutto normale, poi si misero in mezzo i bambini che come si sa sono capaci di quello che non riescono gli adulti. Come si è detto nel mondo in questione quando qualcuno desidera qualcuno, qualcuno appare (e così avvenne anche per gli animali) ma il mondo incidente iniziò a popolarsi anche di altre creature prodotte dalla fantasia dei bambini; dai loro sogni come dai loro incubi.
Così fu quindi che nacque, si popolò ed iniziò il mondo dell’Aere Perduto. Quanto al primo uomo che vi arrivò dal nostro mondo quella che segue è la sua storia.
Capita alle volte, descrivendo qualcosa, di perdersi particolari rilevanti mentre si rincorrono le minuzie; quanto si è detto finora non esclude che le persone – come pure gli animali – non facessero figli nel modo più classico, facendo l’amore. Era una precisazione necessaria.

II

Il piccolo uomo di cui parlavamo, nel nostro mondo fino a che perse il cielo, di professione faceva il postino.
Abbiamo già detto che quando nel mondo dell’Aere Perduto qualcuno desidera qualcun altro qualcuno per magia o per chissà cosa appare, ma questo non valeva certo per le persone di un altro mondo e nello specifico per la fidanzata che lui aveva lasciato da questa parte della realtà. Siccome però nel mondo appena fondato ognuno doveva dare una mano come meglio sapeva fare e lui nella vita aveva fatto solo il postino iniziò ad occuparsi di corrispondenze, consegne e similari.
Capitò che una volta questi scrisse una lettera di cuore alla sua donna, l’imbustò, l’affrancò e la pose nel cassetto della scrivania perché non riuscendo più ad averla non sapeva come sarebbe riuscito a consegnargliela. Non sì può, se sei finito in un mondo incidente, prendere in mano una busta e dire: «Eccoti amore mio, la mia penna è stata intinta in una spremuta di cuore; perché nemmeno il mio sangue sarebbe bastato, tanto che t’amo!». Già è difficile in questo mondo.
Non avendo una fotografia (perché quando si finisce in un mondo incidente non si ha tempo di preparare i bagagli di solito) allora altro non gli rimaneva se non immaginarla, ricomponendo i suoi ricordi. Ma la memoria sfugge ancor prima della passione e l’immagine che aveva nella sua testa ben presto si affievolì inesorabilmente. Ricordava ancora il giorno che l’aveva vista la prima volta nuda e quando l’avesse trovata argentea, una lancia di perle nella sua camera da letto poco illuminata. Pensava e pensava a lei rileggendo la lettera e una sera che alimentava una falsa speranza tornò nel luogo dov’era atterrato portando con se la busta. Millemila volte aveva cercato ancora nei dintorni una via per il suo mondo invano ma quella sera volle provare ancora. Il risultato fu il medesimo di sempre (non sempre quando si finisce in un mondo incidente si può tornare indietro; è una scelta involontaria, diciamo così) ma mentre tirava un sasso nel mare vide qualcosa che segnò il corso della nostra storia. Per farla breve vide la luna sorgere, dove incominciava la terra e l’acqua s’arrendeva, sulla sinistra, era sorta la luna. Quanto di più simile avesse visto nei suoi ricordi e allora, con la sua lettera in mano iniziò a camminare.
Poteva rimanere lì dov’era, ma perse il cielo e già questo basta a far capire che non era una persona comune, allora come si è già detto iniziò a camminare; perché procedere è dei coraggiosi.

III

Camminò per un po’ e incontrò un uomo che piantava dei semi sulla spiaggia in modo irregolare, uno ogni tanto; poi li annaffiava poco e proseguiva nel suo cammino. Veniva incontro a lui. Nel mondo dell’Aere Perduto ogni volta che qualcuno desidera qualcuno con cui parlare qualcuno arriva, lo sappiamo ormai, ma ciò non implica che non si possa parlare con chi si trova lungo il cammino. Soprattutto se sta facendo qualcosa che appare insensata. Si potrebbe dare un consiglio magari, oppure imparare che forse insensato non è sinonimo d’impossibile. «Salve signore …»
«Buonanotte a lei che rincorre la luna.»
«Posso chiederle perché semina dove non cresce nulla, sulla sabbia?»
«Perché dove il terreno non è fecondo allora deve essere il seme a rendere lo sforzo. Dipende tutto da come si pianta.»
«Davvero?»
«Questi sono semi fuori dal comune, come tutte le cose che meritano amore e crescono. Sono semi di lampione. Sono come semi normali, ma basta annaffiarli ed in pochi minuti germoglia un lampione.»
«E a cosa servono?»
Chiese il nostro protagonista. «Solo i semi che sono singoli portano la luce come nessun’altro. Solo loro possono chiarire la via da percorrere, sapendo che nel buio si vede la luce e non viceversa. Allora io cammino avanti, lungo questa spiaggia finché il mare vorrà concedere la terra - perché un lago, ad esempio, è terra intorno al mare; ma il mondo è mare intorno alla terra. E quanti avranno la strada al seguito della mia sapranno dove mettere i piedi. Quando la verità è chiara, allora si può decidere la meta.»
Si accorse solo allora che la spiaggia era sparsa di lampioni, costellata di luci che parevano le ultime braci di un bivacco ormai senza fiamma o le grandi città di notte, dal finestrino di un aereo.

IV

Riflettendo su quanto detto dal seminatore di lampioni continuò a camminare dopo essersi congedato e aver ringraziato chi pianta dove non cresce nulla, tranne che i lampioni. Ora la luna sorgeva lenta e la strada da percorrere non era così poca, per cui essendo notte incontrò le persone che si possono incontrare di notte su una spiaggia, come un seminatori di lampioni od un innamorato.
Incontrò appunto un innamorato che si esercitava col fioretto, vibrando colpi nell’aria. Non perse tempo a chiedergli se effettivamente fosse un innamorato perché quando uno lo è si riconosce. «Quale pena d’amore spinge la vostra spada a ferire la notte e la brezza?»
Gli diede del “voi”, perché così si parla ad un uomo con una spada. «Mi alleno …»
«Per cosa?»
«Conquistare la mia amata.»
«E lo farete con la spada?»
«No, ma amore è un duello.»
Non si fermava, mentre parlava. «E chi vince?»
«Nessuno, ma qualcuno potrebbe perdere senza che l’altro vinca.»
«E voi, messere?»
«Io ho deciso.»
«Ottimo, cosa?»
«Domani andrò da lei. Andrò col favore del buio, perché la notte è degli amanti ed è più facile amarsi se non si riesce a guardare bene. L’importante però è amarsi ancora, quando la notte perde terreno nell’alba, attaccata da un fianco della schiera, altrimenti non ci si è amati mai. Ma non era di questo che mi avevi chiesto, dicevo di domani. Andrò da lei con la spada al fodero e le dirò: “I tesori più preziosi sono quelli che i pirati seppelliscono in profondità”. Spero che capisca. Se non capirà sarò felice lo stesso, perché l’amore rende stupidi e allora capirò io, al posto suo, che mi ama.»
«Allora i miei auguri …»
«La vorrei per me e per me soltanto, ma non sono poi così egoista se le ho dato il potere di farmi soffrire.»
Forse chissà era uno Scout, sarebbe stato un bene, perché nessuno ama come gli Scout. Si sentiva molto vicino a quell’uomo, e avrebbe voluto fermarsi a parlare ancora un momento con quello che era un suo collega alla fine ma ugualmente proseguì, seguendo la scia luminosa dei lampioni del seminatore. Così fece perché spesso sono le persone simili a noi che ci trattengono. Si è detto che si sentiva molto vicino non a caso, ma la sua missione era quella di arrivare alla luna a piedi (questa forse è la differenza fra un innamorato ed un astronauta, forse l’unica); meglio allora desiderare qualcuno di lontano.

V

A quel punto la strada fu sbarrata da un fiume, che di lì a pochi passi sfociava nel mare. Tendeva al mare, letteralmente (qualcuno si ricorderà di questa storia).  Non se n’era ancora accorto, ma seguì il movimento di una foglia nello scorrere dell’acqua, nel fluire, con lo sguardo finché alzò gli occhi verso destra e si ricordò che era su una spiaggia e dove c’è una spiaggia c’è il mare. Ma era l’uomo che perse il cielo che come si è detto è una costante. Oltre al cielo però, il mare è un’altra costante. Il sole un'altra ancora: fanculo Kant, il sole sopravvivrà agli uomini.
Allora lo guardò, come si guardano i capelli di una donna in onde d’ebano; lo respirò , come si respirano i capelli di una donna che profumano i corridoi di shampoo e salsedine; lo toccò infine, prima nell’acqua e poi sul fondo, come si toccano i capelli di una donna fino ad arrivare sul collo.
Per un attimo poi lo prese ma ancora una volta si fermò, lasciando defluire i capelli dietro la nuca al loro posto e l’acqua via dalle sue mani; come il mare dopo un onda si ritira nelle sue acque nemmeno stavolta aveva il coraggio di baciarla.
Ci sono cose che dovrei dirti forse, ma non ancora.
Allora siccome lo guardava e sentiva il suo mare senza capire quello che diceva (non è da tutti capire la lingua del mare) inconsciamente desiderò di avere qualcuno con cui parlare e siccome era nel mondo dell’Aere Perduto, il mare parlò.

VI

Quanto detto finora lascerebbe intuire che il mondo dell’Aere Perduto sia un posto di omini malinconici, ma così non è. Lo mostra bene l’uomo che incontrò subito dopo colui che cercava di raggiungere la luna. Indossava un grembiule da cucina bianco, di quelli con le bretelle. Aveva disposto un tavolino sulla sabbia e sopra ampolle e provette, come se fosse un chimico. Ma non era un uomo di scienza, era un mastro birraio. E subito invitò il nostro viaggiatore a prendere un boccale, ugualmente ne riempì uno per se perché la birra è fatta per diventare amici. Per puzzare, ruttare e pisciare insieme ad un amico e non dimenticarlo mai. Ora che erano amici il nostro uomo gli chiese cosa facesse su quella spiaggia con quegli strumenti. «Cerco la felicità!»
Questo è l’argomento su cui ho scritto di più. Continuò: «La risposta è nella schiuma delle onde.»
Non gli riusciva di capire. Ancora continuò: «Io sono un mastro birraio, nella vita so fare solo la birra, non sono mai stato capace di trovarmi una moglie o fare dei figli e sa cos’è per me la felicità?»
«Me lo dica lei …»
«Una birra fredda e frizzante!»
Era prevedibile. «Ma è facile raffreddare qualsiasi birra, basta avere un frigorifero e tutte le birre possono raggiungere la stessa temperatura. Ma la schiuma, le bollicine, quelle no. Varia da bottiglia a bottiglia, da bicchiere a bicchiere. Uniche e tenaci, come loro nessuno mai. Allora io cerco la ricetta della schiuma perfetta per trovare la felicità perfetta, e sono convinto che il mare – nella sua spuma – imbrigli questo segreto. E quando l’avrò trovata, solo allora, sarò l’uomo più felice di questo mondo impossibile.»
«Alla felicità!»
Brindarono.

VII

Siccome anche nel mondo dell’Aere Perduto la birra non bastava a rendere tutti amici molta strada più avanti incontrò una battaglia che si combatteva sulla sabbia, alla luce dei lampioni.
Senza avvicinarsi troppo allo scontro raggiunse un fante che era fuori dalla mischia, di spalle a lui dentro ad un armatura. Non riusciva a vedergli il volto ma forse aveva bisogno d’aiuto. Fu molto sorpreso nello scoprire che non si trattava di un essere umano, bensì di un uomo-cinghiale.
«Avete bisogno di aiuto, signore?»
Si è già spiegato come ci si rivolge ad un uomo con la spada. «No, sto bene, sto decidendo se lanciarmi nella mischia o no.»
«Siete un disertore?»
«No, ma nella vita ho sempre lasciato decidere a questa moneta – estrasse dalla tasca una sterlina inglese – se esce testa mi butterò fra le armi e la morte, altrimenti tornerò a casa.»
Lanciò la moneta, la prese al volo e la guardò. Poi la porse all’uomo e disse: «Ecco, questa non mi serve più, perciò la dono a lei. Adesso sa, come non si fa.»
Lanciatosi nella mischia fece volare una lancia leggera verso il primo avversario che gli capitò di fronte, ma questi la schivò. Estrasse la spada e al suo nemico ormai a tiro vibrò un fendente che questi deviò con lo scudo e approfittando del suo non tenere la guardia lo trafisse alzando la spada. L’ombra che scese sui suoi occhi non aspettò che lui potesse decidere a testa o croce della sua morte.
Non ci sono onori per chi combatte senza coraggio.

IIX

Si è detto già che lungo la sua strada, ormai al termine, egli incontrò le persone che si possono trovare su una spiaggia di notte, come un seminatore di lampioni, un innamorato, un mastro birraio o un astronomo.
L’uomo che aveva davanti era infatti un astronomo, vestito come un mago tranne che per il cappello a punta. Era di fronte ad un telescopio gigante, che ci sarebbe voluto un elefante per portarlo via. Guardava attraverso di esso una luna a pochi metri di distanza che sorgendo ancora non si era distaccata dalla terra. Non capita, nel nostro mondo, che si possa guardare da vicino e toccare persino la luna ma in un mondo senza cielo persino le distanze dagli astri sono personali. Era notte, ma la spiaggia era irradiata di una luce bianca che quasi gli occhi facevano fatica a sostenerla. Era stanco per il cammino e quindi indugiò un momento. Ora noi che vediamo per primi ciò che gli altri non hanno ancora visto mai sappiamo che per quanto faticosa sia stata la strada, la meta da che si vede si raggiunge correndo, ma la sommità di un monte non è la luna. Allora si fermò un attimo. Vide lo scienziato e gli chiese: «Signore, posso chiederle come mai lei che pure è così vicino alla luna la vede attraverso uno strumento.»
«Questo è il punto di non ritorno ragazzo. Oltre questo telescopio c’è la sottile linea dorata e ideale, passata la quale non si può tornare indietro.»
Allora il nostro piccolo uomo, che era già deciso ad arrivarvi (altrimenti in fondo non sarebbe partito) capì che era finito il tempo degli indugi e la passò. Di poco, ma la oltrepassò. Poi voltandosi chiese: «E se io volessi tornare indietro adesso?»
«Non saresti comunque lo stesso uomo che un attimo fa sfidava la linea. Bene o male che sia.»
Rispose l’astronomo, che per deformazione professionale è un uomo che di distanze e meraviglie se ne intende. Ma la curiosità del nostro protagonista senza cielo e senza nome non era altro che curiosità, che è cosa ben diversa dalla paura (è un po’ l’inverso, ma non la troverete nel dizionario dei sinonimi e contrari perché l’italiano è ben altro che una lista di parole, quello è l’inglese) per cui non tornò indietro e ricacciata la busta dal risvolto della giacca l’adagiò in un cratere.

IX

Mia bella,
questo è il migliore dei mondi impossibili dove io conosco il tuo nome. Questo è il migliore dei mondi impossibili dove io e te ci amiamo e tu non conosci solo i titoli del mio cuore. È il mondo in cui potremmo stare insieme, il mondo perfetto dove non ci separerebbe il tempo né la distanza; dove potremmo vivere senza combattere. È il mondo che forse vive solo nella mia mente, fra desiderio e speranza; ma è il mondo di cui ti faccio dono, perché ti avrei donato il mondo in cui vivi, se solo ti meritasse e se bastasse per poter dire che c’è qualcosa più bella di te. Questo è il mondo senza fiato dell’Aere Perduto, dove il cielo si smarrisce per ogni bacio che vorrei darti e che conquisterei.
Senza fiato perché così vicino all’origine del mare che quasi è sott’acqua. 
Questo è il migliore dei mondi impossibili, fondato sulle curve del tuo corpo, dove scivolano le parole della mia spada se scrive per te. È un mondo che ha un mare perché tu possa avere degli occhi. «Dimmi, perché hai degli occhi così intensi?»
«Per intrappolarti meglio.»
È il posto migliore perché si smettano i dubbi e le gelosie, è il luogo in cui sei felice e la mattina mi basta guardarti per esserlo con te. È il mondo in cui non abbiamo bisogno che sia notte per essere noi senza ritegno né inibizioni. Questo è il mondo unico dove ti imprigionerei e tanto ti terrei in catene finché da una prigione ti sembrerebbe una fortezza.  È il mondo dove finiscono le bugie e i segreti; è il mondo, l’unico che vorrei ora.
Io l’ho creato per noi ma non ha senso se tu non siederai sul trono, di fianco a me, per governarlo. Allo stesso modo, se non vorrai lo smantellerò.
Questo è il migliore dei mondi impossibili, ma come diceva Robert bisogna dare un calcio alla sillaba “im” di questa parola. Devi farlo tu, perché io sono già da questa parte della realtà ad attenderti e non riuscendo a tornare indietro non ho alternativa se non invitarti a seguirmi.
Questo, è il migliore dei mondi impossibili. Ed è tratto da una storia vera mai accaduta. Finora.

Fine.

Giulianova (Te), 28/08/12
www.youtube.com/watch?v=PjjSsAKxSyU


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