Per tutti i mozzi di primo pelo e quelli che soffrono il mal di mare.

Benvenuti a bordo!

Questo è il blog che ho aperto qualche anno fa per tenere gli appunti di qualcosa che ancora non sapevo e ancora non so. Nell'estate del 2014 ne è uscito un libro e si spera che presto ne esca un altro. Ha una pagina su Facebook dove possiamo rimanere in contatto (sono di buona compagnia e non sporco più di tanto).

Cap. NS

12 luglio 2012

Pensieri in route


All’altra notte e a qualcosa che non saprei ancora definire

I

Il primo bicchiere lo svuotò perché era il primo della prima sera e non faceva male; il secondo lo prese perché fino ad allora il primo era l’unico; il terzo lo finì perché credeva che lo avrebbe aiutato a dimenticare; il quarto lo ingoiò perché si era pentito ma era troppo tardi per tornare indietro; il sesto perché non era pentito davvero e l’ultimo fu perché si stava convincendo che non l’avrebbe avuta più. Ed è brutto convincersi di questo se l’hai avuta una volta e forse la volevi per tutte le altre. 
Uscì dal bar due ore dopo esservi entrato, la prima la passò perche non sapeva dove andare; la seconda perché non sapeva come andarsene. Dal bancone alla porta fece sette passi: il primo per mettersi in piedi; poi per voltarsi; per allontanarsi (consapevole che non sarebbe riuscito ad allontanarsi se non fisicamente); il quarto lo fece per capire dov’era; il quinto per abbassare la maniglia; il sesto per trattenere il respiro. Il settimo lo fece tuffandosi nel freddo della sera.
Girò una volta sola la chiave nella portiera e un'altra volta sola per accendere il motore perché una macchina non insiste troppo nel chiederti se vuoi rischiare davvero. La prima la mise per partire; la seconda per accorgersi che aveva bevuto troppo ma ugualmente ingranò la terza perché aveva già pensato abbastanza. Si allontanò dalla città prendendo la prima strada statale a tiro. Si dispiegava in una serie di tornanti in leggera salita che affrontava a velocità sempre crescente. Infilò la quarta quando il motore prese i quattromilacinquecento giri perché doveva vendicarsi col mondo e l’automobile era sua complice. Riuscì in un primo tornante perché forse non era così tanto ubriaco; superò senza problemi il secondo perché ci stava prendendo gusto e magari, pensò sul finire del terzo tornante, non lo stava facendo per colpa di lei. Sul quarto tornante realizzò che stava piovendo e scoprì che a tutte quelle gocce non riusciva a dare una ragione  come per ogni singola lacrima e così uscì di strada sulla destra perché alla fisica non si comanda (la fisica non è il cuore). La strada divenne un burrone e l’automobile nera fece un primo giro su se stessa per dirgli che aveva esagerato; un secondo per rimproverarlo ed un terzo per farlo addormentare. Il quarto ed il quinto non li avrebbe mai percepiti. In ultimo il buio.
Il primo mese non diede segni di risposta; il secondo lo fece delirando. Il suo Regno una volta era un rifugio, una volta una prigione; una volta lo protegge, una volta lo incatena. Il settimo mese si risvegliò dal coma. La prima cosa che vide fu la sua stanza d’ospedale; la seconda fu il suo vicino di letto; la terza il crocifisso sulla porta.

II

Sette mesi in coma, al risveglio nessun ricordo o traccia di chi fosse e nessuno che lo avesse cercato. Era vivo adesso ma solo per se stesso, visto che nessuno finora aveva vissuto per lui. Gli diedero un nome che avevano trovato rintracciando la targa del suo relitto, gli diedero il suo nome per la seconda volta da quando era nato. 
“Io” è un posto immenso per perdersi. Soprattutto da soli è facile smarrirsi e lui era irrintracciabile. L’infermiera gli consegnò un biglietto con un indirizzo che non era quello di casa sua che gli aveva trovato la polizia e lui non ricordava a chi appartenesse. «Continuava a ripeterlo. Le sarà utile.»
Gli disse. La scatola nera della sua anima, la mappa del suo tesoro. Un indirizzo, solo un indirizzo. Un inizio.
Non si riesce a trovare se stessi se non si cerca in compagnia, in una minoranza dei casi a cui apparteneva senza saperlo. E bisogna sapere dove scavare, nel posto giusto individuato al millimetro; dove meglio si sviluppa la nostra persona: dove si palesano i bisogni perché l’essere umano è troppo egoista per non essere riconosciuto da quello che vuole. Allora attraverso questo torna allo stato di natura, all’odore del fumo, a quello che si è perso cercandosi sempre in qualcun altro.
Si torna in fine a casa perché abbiamo capito forse quale sarà la prima pietra del nostro nuovo Regno, nessun pentimento perché non è sempre male quello che fa stare bene.
Addio alle camere d’albergo polverose.

Enne

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