"... il principe sostiene che il mondo sarà salvato dalla bellezza!
E io sostengo che questi pensieri gioiosi gli vengono in testa perché è innamorato."
F. Dostoevskij, L'idiota.
Pietroburgo, 28 febbraio 1872.
Bene, compagno, quando vidi quel treno penetrare la nebbia non lo sapevo ancora. Avevo vissuto io per primo in essa fino a quel momento, affogandoci ogni giorno. Ammetto solo adesso e con candida colpa, fratello mio, che di questi anni universitari non saranno gli studi del diritto a rimanere (e forse sono già andati via), né il profumo di qualche sottana di passaggio, né l'aver amato almeno per un po' l'amore. No, tutto questo si perderà nella nostra vecchiaia, scenderà giù con i liquori delle nostre serate e cadrà con i nostri capelli arresi e bianchi, quando il barbiere li farà finire a terra. Quello che mi resterà sarà la bellezza, l'aver compreso la sua forma unica in questo ritaglio della mia vita. Il resto, come sai, ha già preso un altro treno ormai. Ma quale bellezza, ancora. Cos'è questo fantasma che ha violentato le fosche mattine mie come un treno senza fermate, da Varsavia al mio cuore?
Eppure è proprio questo forse che l'animo mio cerca senza riposo, nulla di più che possa afferrare, più di un treno fermato con le sole mani. E ti dico oggi, io adesso so di cosa parlava lo stridio dei freni di quella mattina di novembre e nebbia, quando il treno da Varsavia arrivò con sei minuti di ritardo verso le nove del mattino. Sarà proprio quello, che adorna i nostri giorni, che li avvolge in una carta di lustrini e lenisce ogni pena. Ho sprecato il mio tempo, adesso lo so, fino al giorno in cui non ho capito cos'era davvero la bellezza. Ma sappiamo già che il tempo non ci ha saziato mai.
Le stelle del cielo, il mare o quel che vorrai sono solo cose belle, sono bigiotteria per i nostri passatempi, non sono la bellezza. Ho dormito con una bella ragazza qualche giorno fa, ma non era la bellezza perfetta. La vera bellezza è qualcosa che io possiedo solo adesso, o meglio, ho quantomeno visto passare ma non saprei spiegarti cos'è fino in fondo. Non avere rancore con me se sono costretto a lasciarti nel dubbio e credi a quello che ti dico, anche se non ne ho le prove. Non sono io che posso mostrarti cosa sia dopotutto, né quale sia la sua forma universale. Non ci penserò nemmeno per giunta, quando attaccherò il francobollo su questa busta, né quando la imbucherò, e né ci penseranno tutte le persone cui passerà di mano in mano fino ad arrivare a te. Nemmeno tu ci penserai finché rimarrà chiusa.
Le stelle del cielo, il mare o quel che vorrai sono solo cose belle, sono bigiotteria per i nostri passatempi, non sono la bellezza. Ho dormito con una bella ragazza qualche giorno fa, ma non era la bellezza perfetta. La vera bellezza è qualcosa che io possiedo solo adesso, o meglio, ho quantomeno visto passare ma non saprei spiegarti cos'è fino in fondo. Non avere rancore con me se sono costretto a lasciarti nel dubbio e credi a quello che ti dico, anche se non ne ho le prove. Non sono io che posso mostrarti cosa sia dopotutto, né quale sia la sua forma universale. Non ci penserò nemmeno per giunta, quando attaccherò il francobollo su questa busta, né quando la imbucherò, e né ci penseranno tutte le persone cui passerà di mano in mano fino ad arrivare a te. Nemmeno tu ci penserai finché rimarrà chiusa.
Posso dirti solo una cosa, non si coglie subito la bellezza. Dapprima, in vero, avevo solo dei sospetti. Ero impegnato con dei colleghi di corso in una goliardica bevuta in un tempo passato, e una ragazza di qualche tavolo più in là si alzò dalle gambe di un giovane e iniziò a cantare. Lui le aveva messo una mano sul seno, avanti a tutti e lei aveva bevuto, allora iniziò a cantare. C'era una musica sottovoce in quel momento, e lui aveva iniziato a ridere con i suoi pari, mentre io mi incantai a guardarla riuscendo così a sentire solo ciò che volevo, fra il vociare della taverna e tutto il resto. Sentivo solo la sua voce, la musica sottovoce e il rumore dei piatti e delle posate qua e là, mi sembrava ci stesse bene e allora lo permisi. I miei compari seguitavano nella cena come se nulla fosse mentre io mi sarei alzato per colpire quel guascone in piena faccia. Ascoltai soltanto tuttavia e mi parve il bello per la prima volta. Mi ricordai di Calliope, dalla bella voce. Lei aveva i capelli di grano e la voce dei papaveri, quando gli uomini non li possono sentire.
Mi venne alla memoria di quel prete che mi disse di cercare il volto di Cristo. Mi piacque, in quell'eterno volvere della sera, immaginarlo così, così bello. E magari donna, magari ubriaca. Pensai che forse era quello il modo di trovarlo. Pensai di averlo visto, almeno per un attimo, due tavoli più in là. Aveva le mie stesse ferite quella ragazza, e più dei profumi d'Itaca confuse i miei sensi.
Serra le mie labbra fra i tuoi morsi, Serra la mia vita alla tua, Serra il mio viso fra le tue mani, sul tuo petto. Serra le mie lacrime sul tuo viso e almeno una conservala.
Ma a cosa serve cercare la perfetta bellezza allora quando potremmo accontentarci dei suoi riflessi, potresti chiedermi nel nostro prossimo incontro. Risposta: per essere uomini perfetti. Lei sola ci dimostra che la vita esiste per davvero, che i nostri affanni hanno un senso e che l'essere conserva la sua tensione evolutiva lungo tutta la strada verso la bellezza stessa e la felicità, mai che siano due cose diverse. Solo essa competa la nostra natura e irradia la parte migliore di noi stessi. Apre una finestra, sposta le tende e sussurra in faccia alla città che non serve nulla di più alla vita di quello per esistere, la ricerca della bellezza. Credo che questo mi terrò, degli anni dell'università, qui a Pietroburgo.
Ma ti ripeto ancora, se dovessi spiegarti credendo nella fede che hai in me, cos'è questo mito che pure presi un istante fra le dita, non saprei farlo. Abbiamo quasi finito dunque, stasera andrò a letto presto.
Questa è come la storia del firmamento, di una goccia di pioggia che risale la terra, attraversa il tronco dell'albero e poi i rami e giunge alla foglia più alta, portata nelle vene della Madre Terra, a guardare da vicino il cielo. Vorrebbe avere una poesia così grande per salutarlo prima di cadere in autunno, cadere fino alla fine e tornare alle radici.
Questa è come la storia del firmamento, di una goccia di pioggia che risale la terra, attraversa il tronco dell'albero e poi i rami e giunge alla foglia più alta, portata nelle vene della Madre Terra, a guardare da vicino il cielo. Vorrebbe avere una poesia così grande per salutarlo prima di cadere in autunno, cadere fino alla fine e tornare alle radici.
Affezionato, Ivan.
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