Per tutti i mozzi di primo pelo e quelli che soffrono il mal di mare.

Benvenuti a bordo!

Questo è il blog che ho aperto qualche anno fa per tenere gli appunti di qualcosa che ancora non sapevo e ancora non so. Nell'estate del 2014 ne è uscito un libro e si spera che presto ne esca un altro. Ha una pagina su Facebook dove possiamo rimanere in contatto (sono di buona compagnia e non sporco più di tanto).

Cap. NS

26 novembre 2013

Viaggio al termine della notte

Scritto a quattro mani con Luis-Ferdinand Céline (1894-1961) le cui parti sono quelle in corsivo.

Gli americani lo fanno così, come gli uccelli. Sono, come dire, volatili, ma Molly non era così. Bisogna essere allegri con le donne almeno agli inizi, farle ridere è la prima regola. Una sera, così, senza un pretesto, mi ha offerto cinquanta dollari. Dapprima l'ho guardata. Era incantevole, quasi fiabesca, e profumava. Profumava sempre Molly, sempre.

Pensavo a quel che mia madre avrebbe detto in un caso così. Pensavo che le sarebbe piaciuta Molly, di sicuro. Era quel genere di ragazza che piace alle madri ma mia sorella invece sarebbe stata gelosa come sempre. Per far contenta Molly, sùbito, sono andato a comperare con i suoi dollari un bel completo beige chiaro (four piece suit) che andava di moda nella primavera di quell'anno. Ero molto più presentabile di prima, e lei poteva portarmi in giro allora. Un completo nuovo, è una cosa che ti sconvolge le idee. Le piaceva secondo me. Lei se lo abbracciava il completo con dei bacetti appassionati, quando la gente non guardava. Che bella era, quando nessuno ci guardava.


Questa Molly, che donna però! Che generosità! Che carnagione! Che pienezza di gioventù! Un festino di desideri. E ridiventavo inquieto. Mi capitava spesso, lei era la mia fame.

Parlavamo tanto noi. «Cercati piuttosto un piccolo impiego in un ufficio – mi diceva – i libri è una cosa che ti piace ...»
Mi dava consigli gentili di quel tipo, voleva che fossi felice. Per la prima volta un essere umano si interessava a me, al dentro se posso dire, al mio egoismo, si metteva al posto mio e non mi giudicava solo dal suo, come tutti gli altri. Ah! Se l'avessi incontrata prima, Molly, quando c'era ancora il tempo di prendere una strada invece che un'altra! Prima di perdere il mio entusiasmo su quella troia di Musyne e su quella stronzetta di Lola! Ma era troppo tardi per rifarmi una giovinezza. Con Molly sono stato giovane, tocca una volta per tutti essere giovani. Si invecchia però, non è una cosa da dare per scontato solo che si può invecchiare in diversi modi e Molly sarebbe stato un bel modo di farlo. Ci penso qualche volta.

Te ne accorgi dal modo che hai preso di amare le tue disgrazie tuo malgrado. Diventa quasi un piacere scoprirsi vecchi ad un certo punto, no? Forse no.

Avevo preso la strada dell'inquietudine. Ma di una cosa sono convinto, l'amavo sicuramente.

Lei mi ha ascoltato per giorni e giorni – ho detto già che parlavamo tanto, era una cosa importante tra noi – a mettermi in mostra e raccontarmi da far schifo, intento a dibattermi tra fantasmi e orgoglio e lei non se ne spazientì affatto, proprio il contrario. Cercava soltanto di aiutarmi a vincere quella vana e sciocca angoscia. Abbondavo, in quanto ad angoscia, è nella mia natura credo.

A forza di dolcezza persuasiva, la sua bontà mi diventò familiare e quasi personale. Era una pesca dolce Molly, non so se rendo l'idea. Ma allora mi sembrava di cominciare a barare col mio famoso destino, con la ragion d'essere come la chiamavo, e da quel momento smettevo bruscamente di raccontarle tutto quel che pensavo. Il problema, non lo nego, è che una felicità così grande non può durare in eterno ed io lo sapevo. Ogni tanto smettevo di parlare per pensare a questo, o lo facevo nel letto mentre lei dormiva. Nel suo letto, nel mio mi riusciva meglio di prendere sonno bisogna dire.

Ma Molly era dotata d'una pazienza angelica e vorrei dire anche che non era l'unica cosa che di angelico aveva, merita che ciò si dica. È raro, se non era proprio un caso unico lei, trovare tanto bene in una sola persona. Non penso di essere stato chiaro, ma non importa più adesso.

Anche se le sembravo a momenti un ragazzo un po' stordito, la mia determinazione le pareva autentica e davvero degna di non essere scoraggiata. A lei piaceva, non si stancava mai di trovare cose che di me le piacessero. Gradiva anche che non mollassi mai, per così dire.

Molly continuava a essere tenera e ben disposta. Soprattutto quando faceva l'amore con me Molly era buona. Era persino più gentile di prima da quando s'era convinta che volevo andarmene definitivamente. Meritava di meglio, ecco, l'ho detto.

E poi, lei era decisa. Ma questa era una cosa che le capitava per la prima volta, purtroppo stavolta quel che le capitava dentro le bastava, nel suo cuore. Piangevo, non volevo perderla. Ci abbracciavamo. Non voleva darmi un bacio, in questo è stata cattiva ma lo capisco, aveva chiuso già quella scatola.

Come se la vita si portasse via, mi nascondesse quel che volevo sapere di lei – ero geloso – della vita in fondo al buio, mentre avrei perso il mio slancio ad abbracciare Molly, e che allora non ne avrei più avuto abbastanza, e che avrei perso tutto in fin dei conti per mancanza di forza, che la vita mi avrebbe ingannato come tutti gli altri, la Vita, la vera amante dei veri uomini. Tutte le donne del mondo, su una bilancia, non valevano quanto lei.

Non c'è motivo che quello finisca. O almeno io non l'avevo capito, non lo volevo capire. Questo era sicuro. Insomma, fin che sei in guerra, si dice che sarà meglio in pace e ti ciucci quella speranza come se fosse una caramella e poi invece non è che merda. Non desideravo pace, avrei preferito continuarla la mia guerra e non trovarla mai quella cazzo di pace inutile che la portava via da me. Ma in quei giorni non potevo capirlo.

Sono tornato a trovare Molly e le ho raccontato tutto. Anche stavolta lei mi ha ascoltato, le avrei dato un premio. Certe volte mi sorprendevo a pensare che tante cose non le avrei nemmeno pensate se poi non avessi potuto parlarne con lei. A cosa sarebbe servito, d'altronde?

L'abbracciavo più spesso adesso ma era un dispiacere profondo il suo ed io non sapevo come curarlo, nemmeno curavo il mio. In macchina le piaceva dormire, e a me piaceva che dormisse. L'amavo un po' di più quando lo faceva, magari solo una punta, ma era così. Ecco, devo aver iniziato allora a farlo.

Con gli americani è il contrario. Non osano capire, ammetterlo. Non sanno che in fondo gli piacerebbe come piace a noi altri. È un po' umiliante, ma comunque, è proprio pena, non è orgoglio, non è nemmeno gelosia, né scene, è nient'altro che la vera pena del cuore e bisogna ben dirsi che tutto questo ci manca dentro e quanto al piacere di provare della pena siamo a secco. Io invece ne ho le tasche piene adesso e non c'è stata pena più bella mai di quella specie di felicità che è stata Molly. Ci vergogniamo di non essere ricchi di cuore, ma lei era tutt'altro che questo, e di tutto e anche d'aver comunque giudicato l'umanità più bassa di quel che in fondo è davvero. Di quando in quando, si lasciava andare Molly a farmi comunque un piccolo rimprovero. Io non ero buono ad ascoltarla come faceva lei con me, mi perdevo nei suoi occhi verdi e lucidi. Degli occhi di Molly non ne scriverò mai, non sono bravo abbastanza.

Avevo paura di ferirla. Ma comunque a volte l'ho fatto. Soprattutto perché lei si feriva facilmente. «Ti assicuro che ti amo, Molly, e ti amerò sempre ... come posso ... a modo mio. »
Il mio modo, non era molto. Ma su un'altra cosa posso spergiurare, anche se non era gran cosa era tutto quello che potessi darle. Dopo di lei in verità non ne rimase per nessun'altra. Era bene in carne però Molly, molto attraente. Aveva un bel seno, un bel corpo e un bel viso. Non mi è ricapitato poi, negli anni, di posare le mani o gli occhi su un corpo tanto bello. Era il mio sogno americano.

«Tu sei molto affettuoso, Ferdinand, mi rassicurava lei, non piangere per me ...»
In quanto a questo non mi riusciva di accontentarla, quasi mai. «Tu sei come malato della voglia di saperne sempre di più ... ecco tutto ... insomma, devi fare la tua strada ... di là, tutto solo... è il viaggiatore solitario quello che va più lontano ...»
Ma io volevo farla con lei la mia strada, che poi era curioso pensare che fossero due distinte. Non ci credevo io, ma lei provava a convincermi. «Partirai presto allora?»
«Sì, vado a finire gli studi in Francia, e poi tornerò.»
L'assicuravo io con faccia di bronzo. «No, Ferdinand, non tornerai più ...»
Non la guardai mentre lo disse, questo mi tradì.
«E poi non sarò nemmeno più qui ...»
Non era stupida. E allora mi sentii in colpa, perché con lei mi sarei fermato volentieri, ma non mi riuscì mai di spiegargli per bene quel che avrei voluto fare con lei. È una colpa che porto ancora.

Non la smettevo di lasciare tutti. Qualche volta pioveva, ma non penso che ci sia nulla di strano in questo. Abbiamo un po' tutti questa cosa, noi europei, di pensare che in America ci sia qualcosa di più. È vero, non lo nego, anzi, adesso lo testimonio. Solo non capisco come possano pensarlo anche tutti quegli europei altezzosi che Molly non l'hanno vista mai. Era quel qualcosa di più che io pensavo di trovare il giorno che sono partito per l'America. Solo che non lo avevo ancora capito credo. Era un uccellino leggero, da tenere in mano.

«Ecco che sei già lontano, Ferdinand. È solo questo che conta ...»
Aveva ragione Molly, le capitava molto spesso quando parlava con me. Il treno è entrato in stazione. Mi prese quel magone lì, quello che si portano dietro i treni.

L'ho abbracciata Molly con tutto il coraggio che avevo ancora nella carcassa. Di me, quella sera, non si poteva dire che ne fosse rimasto di più. Una carcassa, è la parola giusta, ci ho pensato per trovarla. Avevo una gran pena, autentica, una volta tanto, per il mondo intero, per me, per lei, per tutti gli uomini. E non mi veniva nulla da dire o da fare per sistemare quel casino. È forse questo che si cerca nella vita, nient'altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi prima di morire. Fino ad allora si crede soltanto di conoscersi. Sono passati degli anni da quella partenza e poi ancora anni ...

Andavamo a perdere qualche dollaro dei suoi al tavolo da gioco a volte, altri li bevevamo e ogni tanto vedevamo le luci di una qualche città nuova per me. Ho scritto spesso a Detroit e poi altrove a tutti gli indirizzi che mi ricordavo e dove potevano conoscerla, seguirla Molly. Non lasciarla andare, come avevo fatto io magari. Non ho mai ricevuto risposta.

Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo. Dividere il mio letto magari, e farmi da porto. Il mio animo con lei era come la marea e il mio destino non era più furtivo.

Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Non passa giorno che io non me lo rimproveri, ed è giusta la mia dannazione, la merito. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America.

Abbiamo sprecato davvero tanto tempo per stare insieme, che a tornare indietro avrei trascorso con lei. E pensavo una cosa così, sul quel treno, che ero andato in America per trovare Molly. Che Molly era, in quel modo suo diciamo, la mia America.

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